Quinto Quarto. Una storia culinaria
"Non si butta via niente" – questa frase Felice l'ha sentita mille volte da nonno Gigino, mentre lo guardava pulire un agnello con la precisione di un chirurgo. Le mani che non tremano, il coltello che sa dove andare, lo sguardo che rispetta ogni parte dell'animale.
8/1/20253 min read


Il Quinto Quarto: Quando la Carne Racconta Tutta la Sua Storia
"Non si butta via niente" – questa frase Felice l'ha sentita mille volte da Babbo Gigino, mentre lo guardava pulire un agnello con la precisione di un chirurgo. Le mani che non tremano, il coltello che sa dove andare, lo sguardo che rispetta ogni parte dell'animale.
Nasce da Lontano
Il quinto quarto non è un'invenzione gourmet. È pura necessità che diventa arte. Nelle campagne sarde, quando si macellava un animale, ogni pezzo aveva il suo senso: il primo quarto e il secondo erano la carne "nobile", il terzo e il quarto finivano in pentola per i ragù. E poi c'era lui, il quinto quarto. Il cuore, il fegato, i rognoni, la lingua.
"La parte che raccontava chi eri davvero", dice Felice mentre guarda Antonio preparare la brace. "Se sapevi cucinare il quinto quarto, sapevi cucinare tutto."
In Cucina, Prima dell'Alba
Alle cinque del mattino, quando la Fattoria dorme ancora, Simonetta è già lì. Non per il pane – quello viene dopo. È lì per il quinto quarto. Lo sa che queste carni non aspettano, non perdonano, non mentono.
Il fegato di vitello arriva dal macellaio di fiducia, quello che chiama Felice col nome di battesimo. Ancora tiepido, color mogano, con quella consistenza che chi non sa fare fa diventare suola di scarpe.
"Il segreto è il latte", sussurra Simonetta mentre immerge le fette sottili in una bacinella. "Due ore. Non una di più, non una di meno. Il latte toglie l'amaro ma lascia il carattere."
Il Momento che Non Si Sbaglia
Sono le sette e mezza di sera. Arriva l'ordine: "Un quinto quarto per il tavolo otto." Antonio alza lo sguardo verso la cucina. Simonetta annuisce. È il momento.
La padella è già calda – non bollente, calda. L'olio extravergine sardo fa il primo frizzio. Il fegato dentro dura tre minuti. Due e mezzo se il cliente l'ha chiesto al sangue. Tre e mezzo se ha quella faccia da "meglio sicuro che pentito".
"Qui o non si sbaglia o si ricomincia tutto", dice Antonio mentre gira le fette con le dita. Sì, con le dita. Il ferro è per i primi piatti, la carne si tocca con le mani.
La Sorpresa che Nessuno Sa
Mentre il fegato cuoce, Simonetta prepara il segreto. Non è nella ricetta che trovi online. Non è nel libro di cucina sarda che hai comprato l'estate scorsa. È nella cipolla.
Ma quale cipolla. Quella dolce rossa di Tropea che Renato fa crescere nell'orto dietro la Fattoria. Tagliata finissima, quasi trasparente, rosolata appena appena finché non diventa miele. Poi un cucchiaio di aceto di vino bianco – quello buono, quello che Felice tiene nascosto – e via.
"La cipolla dolce con l'amaro del fegato", sorride Simonetta. "È come una coppia che litiga da quarant'anni ma non può stare lontana."
Il Piatto che Educa
Il quinto quarto non è per tutti. Non perché sia difficile, ma perché ti costringe a scegliere. O lo accetti per quello che è – puro, diretto, senza fronzoli – o lo lasci stare.
È il piatto che fa la differenza tra chi mangia e chi sa mangiare. Chi lo ordina di solito torna. Chi lo prova per curiosità, o se ne innamora o non lo ordina mai più.
"È il piatto più onesto che abbiamo", dice Nicola mentre lo porta al tavolo otto. "Non mente, non fa il carino, non cerca di piacere. È così. Prendere o lasciare."
Il Tempo che Non Torna
Il quinto quarto lo facciamo solo quando arriva la carne giusta, dal macellaio giusto, nel momento giusto. Non è mai nella carta fissa perché non si può programmare. È un piatto che decide lui quando essere pronto.
Quando c'è, lo sappiamo tutti. Quando non c'è, non c'è. Non esistono sostituzioni, non esistono compromessi.
Lo trovi solo per pochi giorni. Se arrivi tardi, è colpa tua.
La prossima volta che senti di quinto quarto alla Vecchia Fattoria, non pensarci due volte. Alcune storie si possono raccontare solo col palato.