Personalita di Successo
I relatori, Julio Velasco e Paolo Ruggeri, offrono strategie per il successo in ambiti diversi, dallo sport alla finanza e alla leadership aziendale
12/2/20256 min read
Lezioni Controintuitive su Successo e Lavoro di Squadra che Nessuno ti Racconta
Viviamo in un'epoca ossessionata dalla ricerca di formule per il successo. Siamo costantemente bombardati da "segreti", scorciatoie e metodologie che promettono di trasformare la nostra carriera e la nostra vita. Cerchiamo risposte rassicuranti, ma le verità più potenti non si trovano quasi mai dove tutti guardano.
Le lezioni in grado di innescare un cambiamento reale sono spesso controintuitive. Sfidano il senso comune, smantellano le nostre convinzioni più radicate e provengono da ambiti inaspettati. È proprio in questo territorio inesplorato che si nascondono i principi capaci di scavare un solco tra la mediocrità e l'eccellenza.
Questo articolo distilla quattro di questi principi, tratti dal pensiero di due menti eccezionali: il leggendario allenatore di pallavolo Julio Velasco e l'imprenditore Paolo Ruggeri. Le loro lezioni, nate sul campo e nel mercato, non offrono facili consolazioni, ma una prospettiva spietatamente pragmatica su finanza, team e leadership, invitandoci a ricalibrare le nostre certezze più solide.
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1. Il "pollo" sei tu: La regola più spietata della finanza (e non solo)
Paolo Ruggeri racconta di una sera a Bologna, invitato a giocare a poker da un amico, Roberto Gorini. Non un professionista, ma nemmeno un principiante, si siede al tavolo. Due ore dopo, tra un drink e l'altro, con tutti i presenti "belli bevuti", si ritrova a perdere 750 euro. Durante una pausa, confessa all'amico la sua frustrazione. La risposta che riceve è una rivelazione folgorante, una regola di una lucidità disarmante che trascende il gioco e illumina il mondo della finanza: in ogni tavolo, se dopo pochi minuti non sei riuscito a identificare chi sia il "pollo" — il giocatore meno esperto, destinato a perdere — allora il pollo sei tu.
Questa regola nasce da una consapevolezza brutale del contesto finanziario. Quando investi, non stai giocando contro dilettanti. Dall'altra parte della transazione ci sono giganti come BlackRock, Jeff Bezos e le più grandi banche d'affari. Affrontare questo campo di battaglia con superficialità, senza una preparazione meticolosa, non significa rischiare di perdere: significa essere certi di venire distrutti.
Paolo nel poker sai qual è la cosa più importante nel poker la cosa più importante quando giochi è capire chi è il pollo perché se te non sai chi è il pollo [...] sei tu.
"Nella finanza se non sai chi è il pollo sei tu", conclude Ruggeri. Questa lezione è un invito potentissimo alla piena responsabilità della propria competenza. In qualsiasi arena competitiva — che si tratti di investire i propri risparmi, negoziare un contratto o fare una scelta di carriera — delegare la comprensione o agire d'impulso equivale a sedersi al tavolo senza sapere chi siano gli altri giocatori. Significa esporsi a un rischio che non si può controllare, diventando la preda designata di chi, invece, ha studiato le regole, gli avversari e, soprattutto, sé stesso.
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2. Il segreto non è "il gruppo": Perché le squadre vincenti non sono famiglie felici
Uno dei miti più duri a morire nel management è quello della "squadra-famiglia". L'idea che il successo sia il risultato di un gruppo unito, dove tutti sono amici, è una narrazione tanto diffusa quanto, secondo Julio Velasco, errata. La sua tesi è tagliente: la causa della vittoria non è quasi mai "l'unione del gruppo". Le squadre vincono perché giocano meglio delle altre. Punto.
Velasco spiega che l'idea del "gruppo unito" è spesso una storia che ci si racconta a posteriori, una narrazione romantica costruita dopo aver vinto, non la sua causa scatenante. Per smontare l'abusata metafora della "squadra-famiglia", ricorda ironicamente che lui e i suoi fratelli litigavano spesso e che le famiglie, soprattutto quelle alle prese con un'eredità, non sono sempre modelli di armonia.
Ma se il gruppo È unito vanno a mangiare la pizza tutti insieme chiacchierano bene Stanno benissimo e giocano male vincono? non vincono quindi non è il segreto al gruppo se vogliamo dire qual è la causa che una squadra vince perché gioca meglio delle altre così semplice e così complesso.
Questa idea smantella uno dei più grandi alibi del mondo aziendale. Il focus, secondo Velasco, non va posto su attività di team building forzate, ma sulla costruzione ossessiva di un sistema di gioco efficace. L'aiuto reciproco non è un'opzione basata sulla simpatia, ma una regola del gioco. Nel basket, un giocatore fa il blocco per un compagno, prendendosi una botta non perché gli sia amico, ma perché è ciò che la giocata richiede. Nella pallavolo, quando una compagna attacca, le altre si preparano alla copertura, pronte a recuperare la palla murata non perché le vogliano bene, ma perché se non lo fanno, si gioca male e si perde. L'armonia, se e quando arriva, è una conseguenza del buon funzionamento, non la sua premessa.
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3. La trappola del successo: Quando tutti iniziano a dirti che sei un genio
Per un leader, le sfide più grandi non sono solo i fallimenti. Paolo Ruggeri ne identifica tre, tanto diverse quanto insidiose: la solitudine, il tradimento e, sorprendentemente, il successo. Proprio quando si raggiunge l'apice, si attiva una trappola psicologica sottile ma potentissima, capace di isolare e far deragliare anche le menti più brillanti.
La trappola consiste in questo: quando raggiungi una posizione di potere, le persone intorno a te smettono di dirti quello che pensano e iniziano a dirti quello che credono tu voglia sentirti dire. Il disaccordo scompare, la critica onesta si estingue e vieni avvolto da un coro di consensi. Il rischio, enorme, è quello di perdere il contatto con la realtà, iniziando a credere alla propria infallibilità e prendendo decisioni basate su informazioni filtrate e compiacenti.
Un giorno nella mia vita mi sono accorto che le persone mi dicevano quello che volevo sentirmi dire; non mi dicevano più quello che pensavano davvero. Proprio perché avevo successo mi dicevano: - no, io sono d'accordo con te. - e io a un certo punto ho iniziato anche a crederlo.
Questo avvertimento è cruciale per chiunque si trovi in una posizione di autorità. L'isolamento dorato del successo non è un esito inevitabile, ma un pericolo da combattere attivamente. Un leader saggio non si limita a cercare il confronto, ma lavora per istituzionalizzare il dissenso. Crea sistemi e processi che garantiscano l'attrito intellettuale, l'unico vero antidoto alla camera dell'eco del successo, per rimanere con i piedi per terra e non diventare vittima della propria stessa influenza.
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4. Smetti di cercare colpevoli (anche se il colpevole sei tu)
Di fronte a un errore, in ogni squadra scatta un meccanismo istintivo: la caccia al colpevole. Julio Velasco lo descrive con un aneddoto magistrale. Un attaccante di pallavolo sbaglia e, con un gesto, fa capire che l'alzata del palleggiatore non era perfetta. Il palleggiatore, a sua volta, si gira verso i ricevitori, lamentando la scarsa qualità della ricezione. I ricevitori, infine, alzano gli occhi al cielo, dando la colpa alla luce che entra da una finestra lasciata aperta dal bidello. In questa "catena della colpa", tutti hanno un alibi.
La soluzione di Velasco è radicale: vietare ai giocatori di parlare dell'errore e della colpa. La parte più controintuitiva, però, è che questo divieto si estende anche all'auto-accusa. Il classico "mia, mia, mia!" con cui un giocatore si prende la responsabilità è, per Velasco, un'altra trappola. Pur sembrando un gesto nobile, mantiene l'attenzione sulla colpa, anziché spostarla sull'unica cosa che conta: la soluzione.
non voglio la colpa perché se la colpa è la protagonista no ci saltiamo fuori la soluzione deve essere la protagonista.
Questa lezione è una masterclass sulla gestione dell'energia mentale. L'energia di un team è una risorsa finita. Sprecarla per cercare alibi o assegnare colpe — anche a sé stessi — è un lusso che non ci si può permettere. Ogni secondo speso a recriminare sul passato è un secondo sottratto alla risoluzione del presente. Il vero salto di qualità sta nell'applicare la regola aurea di Velasco: usiamo tutta la nostra energia mentale per risolvere la situazione com'è, non come dovrebbe essere. Abbandonare la cultura della colpa per abbracciare quella della soluzione è la mossa più potente che una squadra possa fare.
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Le lezioni di Velasco e Ruggeri, pur provenendo da mondi diversi, convergono su un nucleo di verità incandescenti: un richiamo alla responsabilità individuale, a una preparazione quasi maniacale e a un approccio pragmatico che privilegia la funzione rispetto all'emozione, la soluzione rispetto alla colpa. Ci insegnano che per vincere non serve essere amici, ma funzionali; che per investire non serve intuito, ma studio; che per guidare non serve consenso, ma contatto con la realtà; e che per migliorare non serve trovare un colpevole, ma una via d'uscita.
Non sono verità comode, ma sono le uniche che funzionano quando la posta in gioco è alta, costringendoci a guardare oltre le apparenze. La domanda, a questo punto, è personale. Quale di queste "verità scomode" risuona di più con la tua esperienza, e quale convinzione sei pronto a mettere in discussione da oggi?ost
